Vera 'Nduja di Spilinga, la passione ardente dei fratelli Pugliese

Al Caseificio Salumificio Monteporo, l'autentica versione del più celebre insaccato calabrese.

di Domenico Liggeri per Storienogastronomiche.it

Spilinga (VV) 21.10.2015 - La ‘nduja l a trovate ovunque ormai, perfino al supermercato, mentre in Calabria è talmente popolare da essere diventato un gadget edibile, alla stregua di un souvenir, da mettere in valigia tra calamite e ceramiche. Con la conseguenza che si può incappare in versioni omologate del prodotto, magari ingentilite per non turbare il palato dei turisti poco avvezzi al suo impatto piccante.

Se volete però provare quella vera, non può che essere una: la ‘Nduja di Spilinga. Prende il nome dalla omonima piccola località in provincia di Vibo Valentia, situata alle pendici del Monte Poro, altopiano miracolato dalla Natura che ha già donato al mondo l’omonimo squisito pecorino. E’ talmente vero che la ‘Nduja di Spilinga è la quintessenza di tale specialità calabrese, da essere oggetto di ripetuti tentativi di appropriazione indebita della denominazione. Pertanto diffidate dalle scritte cubitali delle etichette e andate sempre a verificare che la ‘ nduja che avete sotto mano sia prodotta nel territorio di Spilinga.

Come fanno i fratelli Pugliese, titolari del Caseificio Salumificio Monteporo , collocato sulla via provinciale che attraversa la zona più rurale di Spilinga.
Hanno raccolto il testimone dai familiari, visto che papà Alessandro ha fatto formaggi per una vita con le magnifiche materie prime che gli portavano gli allevatori del Poro. I figli Giuseppe e Tommaso hanno deciso vent’anni fa di aggiungere la produzione dell’altra specialità del territorio, la ‘nduja.

E’ un insaccato di carne di maiale che deve la sua peculiarità all’intensa presenza del peperoncino calabrese e all’affumicatura, elementi esaltati da un’attenta stagionatura, con il tempo che provvede ad amalgamare tutti gli ingredienti, creando un impasto talmente morbido da potere essere spalmato. Il vero segreto però è, come per i tutti i salumi più pregiati, la qualità dell’aria che fa asciugare e quindi maturare l’insaccato. Quella di Spilinga si nutre delle sensazioni salmastre provenienti dalla vicina splendida Costa degli Dei che si bagna in acque tirreniche, mentre i refoli del Monte Poro contribuiscono con sfumature minerali montanare. Il risultato è un prodotto di rara potenza e personalità: il gusto ardente invade il palato senza mezzi termini, traportandoti in un istante tra i sentori animali del grasso del maiale e il vigore aromatico del peperoncino autoctono. Tutto ciò mentre esplodono i suoi profumi complessi avvolti nella persistenza torbata.
I fratelli Pugliese la fanno secondo tradizione, ma senza dimenticare la moderna esigenza di tutelare l'ambiente, la quale li ha portati a dotarsi di un impianto fotovoltaico.

Tutti concordano con l’origine francese del termine, il quale viene fatto risalire al lemma andouille che in lingua transalpina indica le frattaglie, con cui effettivamente si faceva la ‘nduja in passato. Per altri invece la sua introduzione sarebbe dovuta agli spagnoli. Poco importa, oggi questo è un prodotto vessillo del genius loci vibonese, anche se la pronuncia esatta paga ancora un tributo francofono, visto che si dovrebbe dire ‘ndugia, ma con la “ g” scivolata coma la “j” francese.
Il suo impiego in cucina è molto vario, dalla pasta ai legumi, sempre facendo attenzione a dosarla, vista la sua accesa vivacità.
Se però volete assaporarla nella sua vera natura, allora provatela a crudo: ne basta un pizzico per illuminare di gioia una fetta di pane.
 
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